Il nostro Manifesto

“ Noi, le precoci, noi le respinte dalla cultura, le belle bocche tappate col bavaglio, polline, respiri rotti, noi i labirinti, le scale, gli spazi calpestati; le frustrate, siamo nere e siamo belle.” – Hélène Cixous- Il riso della Medusa
Femminista. Una parola ostile, tutt’altro che gentile. Un sostantivo stigmatizzato per decenni. Un termine scomodo sorprendentemente di più tra le donne.
Il nostro obiettivo è quello di starci dentro questa parola; di viverla; di indossarla ma anche sviscerarla, e cercare di trovare risposte per smascherare quei vecchi meccanismi patriarcali che si celano ancora dietro un’apparente uguaglianza che è figlia di secoli di sopraffazione e alienazione. In Italia per ragioni temporali, storico-sociali e politiche le correnti femministe sono state diverse, tanto che bisogna parlare di Femminismi piuttosto che di un movimento unico e definito.
Noi consideriamo nostre madri morali, tutte le donne che nel corso dei secoli si sono battute e impegnate a scardinare il sistema che imprigionava la questione femminile in gabbie culturali fatte di subordinazioni morali, di minorità giuridiche e di oppressioni sociali. Tutte quelle protagoniste femminili che in ambito letterario, filosofico, politico ma anche domestico si sono fatte portavoce della grande umiliazione sociale morale e civile che la società patriarcale ha sistematicamente perpetrato ai danni delle donne.
La donna è stata definita e pensata per secoli soltanto in relazione all’uomo. Il soggetto maschile come primo termine di paragone assoluto, la donna definita come un essere mancante, difettoso, occasionale. Per dirlo con le parole di Simone de Beauvoir: “La donna è l’inessenziale di fronte all’uomo essenziale. Egli è il Soggetto, l’Assoluto! Lei è Altro.”
La storia del mondo si è basata su questo principio, applicato come assioma universale dalla sfera domestica a quella pubblica. Secondo questo ordine imposto, le sorti del mondo non sono mai state appannaggio di entrambi i sessi, ma la conquista è stata sempre tutta maschile, alla donna sono stati invece riconosciuti storicamente soltanto gli avanzi, gli scarti.
L’urgenza femminista è nata proprio quando storicamente le donne hanno incominciato a pensarsi come uguali agli uomini ma allo stesso tempo a scoprirsi differenti. Questa tensione perenne tra coincidenza e dissonanza è stata il motore pulsante nella lotta per la liberazione e l’autodeterminazione della donna, ma non si è mai esaurita. Il dibattito femminista è una rivoluzione che non si è mai compiuta definitivamente.
Di questa rivoluzione continua vogliamo farci portavoce, attraverso uno spazio ben definito che sarà la nostra Officina. Un luogo simbolico ma prima di tutto fisico, dove ridare voce alle donne; uno spazio capace di offrire e rivendicare una narrazione altra, di raccontare della nostra identità, identità ancorata ai nostri corpi di donne. Un laboratorio di progetti e idee da realizzare, dove poter incoraggiare gesti individuali ma al tempo stesso collettivi, e mettere in atto proposte e intenti condivisi e condivisibili. Uno spazio aperto a tutti quelle e quelli che sentono l’urgenza di mettere in atto modelli culturali attraverso i quali creare strategie di resistenza a certi vecchi miti e discorsi.
Un posto che non vuole eliminare le differenze ma animarle, perseguirle, arricchirle. Uno spazio da condividere e da decolonizzare, capace di ospitare corpi e menti che agiscono, corpi e menti che contano per definire e ridefinire i piani della storia e della memoria, ma soprattutto quelli dell’avvenire.
Consapevoli che i diritti delle donne così come la legittimazione culturale femminile sono costantemente minacciati dai meccanismi di potere; noi vittime di una precarietà latente ereditata da una cultura fallocentrica che tutt’oggi fatica a scomparire, intendiamo riprenderci con forza la nostra voce, libera e irriverente, che non intende più negoziare per esistere e resistere.
A chiusura di questo nostro manifesto identitario, riportiamo un pensiero di Carla Lonzi, attivista e fondatrice del Collettivo femminista Rivolta Femminile del 1970, che ci suggerisce quanto la strada dell’uguaglianza e della rivoluzione culturale sia ancora un viaggio che attende di essere compiuto fino in fondo.
L’oppressione della donna non inizia nei tempi, ma si nasconde nel buio delle origini. Non si risolve nell’uguaglianza ma prosegue nell’uguaglianza. Non si risolve nella rivoluzione ma prosegue nella rivoluzione”.

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