Chi ha bisogno di Simone de Beauvoir?
“Volevo parlare di me e mi ero resa conto che avrei dovuto descrivere la condizione femminile.”
Così Simone de Beauvoir spiega la necessità che la spinge a scrivere Il Secondo Sesso (1949), un testo monumentale e controverso che avrebbe scosso radicalmente e inevitabilmente la storia dei femminismi.
Libera, scandalosa, spregiudicata, ha tracciato con la sua penna e attraverso la sua lingua, quella mutazione culturale che si preparava sin dalla notte dei tempi; quella speranza di liberazione che si sussurrava nelle case; quel desiderio di ribellione che soffocava nelle famiglie ma che incominciava a farsi spazio nelle piazze, ad agitarsi nelle fabbriche e a supplicare nelle chiese.
Quasi sempre ricordata per la sua relazione amorosa con Sartre o cristallizzata a icona femminista, Simone de Beauvoir è stata molto di più di questo.
Simone de Beauvoir ci ha insegnato che non basta venire al mondo, ci ha suggerito che è possibile, oltre che necessario, imparare a stare nel mondo, un mondo che sembra essere stato biologicamente e storicamente ostile verso le donne. Una consapevolezza che arriva nel momento in cui noi tutte incominciamo a intuire che affermare di essere donne cambia semplicemente tutto; un’intuizione spontanea sui numerosi limiti ancorati alla nostra condizione di soggetti, o meglio oggetti inessenziali e mancanti. Il vero inferno, secondo la scrittrice, è per le donne quello di restare a guardare! Bisogna divenire soggetti quindi, capaci di scegliere e di reagire di fronte alla storia e alla società.
Dovrebbe leggersi e rileggersi la sua opera, nelle scuole, nelle università, e risuonare come una campana che agita e riagita gli animi assopiti. Abbiamo ancora bisogno dei suoi scritti, delle sue attente analisi teoriche e pratiche di giustizia sociale. L’orizzonte di liberazione che lei e molte altre hanno spalancato agli occhi di moltissime donne nel corso degli ultimi cento anni, è continuamente minacciato di essere richiuso ancora una volta dal pregiudizio e dall’ignoranza.
Per questo che si legga pure il suo Le Deuxième Sexe, a vent’anni come a trenta o alla soglia dei novanta, tutto d’un fiato o a tappe, in giorni, mesi, anni come un vademecum da tenere sul comodino. Tutte noi, sfogliandolo potremo trovarci e ritrovarci scritte tra le sue pagine, perché ogni donna almeno una volta nella vita ha sperimentato sulla propria pelle cosa sia la sopraffazione, sia questa una sopraffazione culturale, storica, professionale o amorosa.
C’è molto di ogni donna nei suoi scritti, ci sono tutte le donne che si riconoscono in cammino sulla strada più lunga da percorrere, quella verso la libertà.
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